L’estratto di castagno rappresenta una difesa sostenibile per le piante. Negli ultimi anni, il mondo dell’agricoltura ha subito una profonda trasformazione, abbandonando gradualmente l’uso esclusivo di molecole di sintesi per concentrarsi su approcci più sostenibili ed ecologici. In questo contesto, la nutrizione e la difesa agronomica hanno ridefinito i propri obiettivi, ponendo una particolare enfasi sulla sostenibilità ambientale e la sicurezza tossicologica delle sostanze impiegate.

Tradizionalmente, il rame e lo zolfo sono stati gli eroi nel campo dei fungicidi, utilizzati per proteggere le piante dalle malattie. Tuttavia, i formulati a base di queste sostanze, essendo prodotti di copertura, presentano una bassa persistenza sulle foglie, richiedendo dosaggi elevati che possono causare danni all’ecosistema. La problematica persistenza di tali fitofarmaci e i loro impatti tossicologici hanno spinto l’Unione Europea e, di conseguenza, l’Italia, ad adottare il Piano d’azione nazionale (Pan) con l’obiettivo di ridurre i rischi associati all’utilizzo di prodotti fitosanitari.

L’estratto di castagno: rivoluzione verde

La recente ricerca si è concentrata su alternative di origine naturale e biologica, compatibili con l’ambiente, con l’obiettivo di sostituire progressivamente i fitofarmaci di sintesi. Tra queste alternative emergono i tannini, che grazie alla loro struttura chimica sono in grado di formare complessi con numerosi ioni polivalenti, in particolare con il ferro, rivelando un interesse notevole nel campo agronomico.

I tannini, applicati alle plantule, hanno mostrato risultati sorprendenti, stimolando in modo marcato lo sviluppo radicale e conferendo un aspetto più verde e sviluppato all’epicotile. Questa azione biostimolante ha dimostrato di influenzare positivamente l’assimilabilità del fosforo nel suolo, contribuendo al maggiore recupero di P2O5 da parte delle piante.

Un altro aspetto cruciale considerato nelle ricerche riguarda il rilascio dell’azoto. Addirittura a basse concentrazioni (1%), i tannini hanno prodotto una curva di rilascio dell’azoto ureico comparabile ai tradizionali “Nitrogen Slow Release Fertilizers”. Le prove sperimentali condotte in campo hanno dimostrato che questo effetto consente una riduzione del 25% del totale di azoto applicato alla coltura, grazie al minore dilavamento della forma nitrica e all’aumentata efficienza complessiva dell’azoto contenuto nel fertilizzante.

Questi risultati non solo portano a vantaggi economici, ma anche a un impatto ambientale positivo. L’utilizzo di tannini nell’agricoltura si configura come una promettente rivoluzione verde, aprendo la strada a pratiche agricole più sostenibili e consapevoli.

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